Arte Musica

Forma e musica: la psichedelia secondo 80 mesh

La forma del suono

Si può dare una forma al suono? Sì. E la risposta arriva con assoluta certezza dal progetto 80 mesh – la forma del suono.
Ecco di cosa si tratta: tre lastre metalliche ricoperte di sabbia fluorescente, collegate a un computer e a un violoncello. Da questo intreccio di classico e hi-tech, di musica e a arte, gli spettatori guardano il suono animarsi, muoversi e prendere vita.

La prima esibizione di 80 mesh – la forma del suono è avvenuta nel 2012. Quattro anni dopo, nell’ambito del festival Transmissions Off, il collettivo ha proposto lo spettacolo in una nuova versione. Il 27 novembre, in una sala del Mar (forse un po’ piccola), si è svolto questo strano concerto. Il compositore Raul Masu, al computer, dirigeva il brano come un direttore d’orchestra, al suo fianco il violoncellista Giacomo Gaudenzi e altri due “musicisti” che aggiungevano sabbia sulle lastre.

Ma come funziona? Tutto parte dagli esperimenti di Ernst Chladni, un fisico tedesco che nel Settecento sviluppò un metodo per rendere visibili le vibrazioni di un corpo. Il corpo scelto da 80 mesh, come si diceva prima, sono tre lastre metalliche che vibrano per effetto dei suoni prodotti dalla musica elettronica e dal violoncello, causando lo spostamento della sabbia colorata posta su di esse. I granelli, dunque, si spostano secondo le vibrazioni che ogni frequenza genera e il risultato sono immagini colorate sempre diverse. Forme perfette, cerchi, curve, dove i colori si intrecciano e si sovrappongono.80 mesh novembre 2016

Il progetto, curato dall’associazione culturale Marte e sviluppato da Alessio Buttazzoni, nasce da un’idea del gruppo CaCO3, già noto a Ravenna per i suoi mosaici sperimentali. Ed è proprio al linguaggio del mosaico che mira 80 mesh: “aggregazione e disaggregazione, schema, ripetizione e modularità, attraverso l’utilizzo di una partitura musicale come strumento di generazione del movimento” (catalogo 80 mesh, 2016).

Un po’ di sana psichedelia80 mesh Ravenna

Certo, lo spettacolo non era di facile fruizione. L’utilizzo congiunto di musica elettronica e uno strumento classico come il
violoncello non piace a tutti, ma l’intreccio di musica e forme era fantastico. Mi è sembrato di volare indietro nel tempo di qualche decennio, quando spopolava la psichedelia. Mi è tornato in mente un live dei Led Zeppelin, durante la parte strumentale di Whole lotta love, quando Jimmy Page abbandonava la chitarra per divertirsi con il synth. La musica si confondeva con le immagini e la mente partiva per un viaggio delirante.

Informazioni sull'autore

Matteo Pezzani

Scrittore, storico, blogger, giornalista, buffone di corte ecc..