Letteratura

“Wishful Drinking”: lezioni di autoironia con Carrie Fisher

Carrie Fisher

Come è stato per tanti altri, la morte di Carrie Fisher lo scorso 27 dicembre mi ha resa molto triste. Amo la saga di Star Wars da sempre ed è così che tutti l’abbiamo conosciuta. Una parte così importante in una serie di produzioni così importanti spesso comporta degli equivoci. Equivoci che, nel caso di Carrie Fisher, hanno comportato rimanere nella memoria delle persone giovane, bella, con un’acconciatura improbabile e un bikini metallico.

Dietro l’attrice faceva capolino una scrittrice molto talentuosa, che firmerà autobiografie, romanzi e sceneggiature. Diventerà una donna (oppure lo è sempre stata) in grado di ridere e far ridere di tossicodipendenza, divorzio e bipolarismo.
Ho scoperto la persona dietro alla principessa guardando le sue interviste a The Late Late Show with Craig Ferguson, che potete ancora trovare (non so fino a quando) su Youtube. Era forte, esilarante e sinceramente in pace con se stessa. E’ noto quale complesso percorso l’abbia portata a ciò che è stata negli ultimi anni della sua vita.

Carrie Fisher

La copertina di Wishful Drinking

Ho deciso di leggere uno dei suoi libri autobiografici. Ho scelto Wishful Drinking (2008), uno dei più recenti, che nasce come monologo teatrale dall’omonimo one-woman show.
L’ho trovato in inglese e sono stata ben felice di leggerlo in lingua originale, per non rischiare di perdere l’umorismo pensato in partenza. Consiglio di provare a leggerlo anche a chi ha poca familiarità con la lingua. Sono circa 150 pagine e, se vi divertirà come ha divertito me, leggerlo sarà questione di poche ore.

«You might say that I’m a product of Hollywood inbreeding. When two celebrities mate, something like me is the result.
As a consequence, I find that I don’t have what could be considered a conventional sense of reality. (Not that I’ve ever had much use for reality—having spent much of what I laughingly refer to as my adult life attempting to escape it with the assistance of a variety of drugs.)»

«Si potrebbe dire che sono un prodotto dell’endogamia hollywoodiana. Quando due celebrità si accoppiano, il risultato è qualcosa come me.
Di conseguenza, credo di non avere ciò che si ritiene un senso convenzionale della realtà. (Non che la realtà mi abbia mai attirato, avendo passato gran parte di quella che considero poco seriamente la mia vita adulta cercando di rifuggirla con l’aiuto di varie droghe.)»

Carrie Fisher nasce nel 1956 da una coppia di star: il cantante Eddie Fisher e la talentuosa Debbie Reynolds, tristemente scomparsa un giorno dopo la figlia. Il racconto dell’infanzia è spesso mirato al fatto che la piccola Carrie e il fratello Todd si fossero abituati ad avere un rapporto inusuale con i propri genitori: il padre lo vedono più spesso in televisione che di persona, la madre ha una sorta di doppia personalità. Entra in un enorme armadio come mamma di Carrie e Todd e dopo un’accurata trasformazione ne esce come Debbie Reynolds.
Si separeranno nello scandalo, con la partecipazione di Elisabeth Taylor, amica della coppia e recentemente rimasta vedova di Mike Todd. Lei ed Eddie Fisher si sposeranno nel 1959 per poi divorziare cinque anni più tardi.

«He first dried her eyes with his handkerchief, then he consoled her with flowers, and he ultimately consoled her with his penis».

«Prima le ha asciugato le lacrime con il suo fazzoletto, poi l’ha consolata con dei fiori, infine l’ha consolata con il suo pene».

Non a caso, quando Carrie Fisher ottenne la parte della Principessa Leia (o Leila), molti suoi amici le fecero notare che il titolo ricordava la separazione dei propri genitori: Star Wars.

Carrie Fisher

Debbie Reynolds e Carrie Fisher

Si leggono quasi esclusivamente parole di ammirazione e affetto per la madre. E’ palese come la considerasse una vera artista, una performer, piena di forza ed energia vitale. Figura di riferimento, ma anche termine di confronto irraggiungibile: la giovane Carrie Fisher non si sentiva carina quanto la madre. Quindi, spiega, ha deciso di concentrarsi sulla simpatia e sull’intelligenza.
L’abuso di droga viene raccontato con trasparenza e senza vergogne. Allo stesso cristallino modo Carrie Fisher svela che era la conseguenza di un disturbo bipolare. Questa patologia viene inizialmente ignorata, per poi essere trattata con la terapia elettroconvulsivante (ovvero l’elettroshock). Nel libro la pratica non viene condannata, poiché ha portato dei miglioramenti. Come effetto indesiderato, tuttavia, Carrie perse alcune capacità di memoria. Questo il messaggio che riproduceva la sua segreteria telefonica:

«“Hello and welcome to Carrie’s voice mail. Due to recent electroconvulsive therapy, please pay close attention to the following options. Leave your name, number, and a brief history as to how Carrie knows you, and she’ll get back to you if this jogs what’s left of her memory. Thank you for calling and have a great day.”»

«”Salve e benvenuti nella segreteria di Carrie. A causa di una recente terapia elettroconvulsiva, fate attenzione alle seguenti indicazioni. Lasciate il vostro nome, numero e una breve storia su come Carrie vi abbia conosciuto, si farà sentire se questo rinfresca ciò che resta della sua memoria. Grazie per aver chiamato, buona giornata.”»

In uno dei miei passi preferiti, racconta di essere stata anche inserita in un libro di psicologia. Ne era incuriosita e divertita, finché non le hanno detto che c’era pure una foto. A quel punto non poteva fare a meno di indagare. Eccola mentre svela l’arcano durante uno spettacolo a Broadway:

Carrie Fisher

Foto di Joan Marcus

«So I’m not crazy, that bitch is. Anyone who would wear a hairstyle like that has to be nuts! Right?»

«Quindi non sono io ad essere pazza, è quella stronza. Chiunque abbia un’acconciatura del genere deve essere fuori di testa! Giusto?»

Gli aneddoti su Star Wars sono diversi, dentro e fuori dal set. Ciò che ho gradito di questa parte del racconto è che non aveva alcun rancore o pentimento riguardo alla saga. Quello che critica con ironia (vedi sopra) è che la sua immagine sia stata frazionata in un’infinità di gadget, action figures, tazze, magliette, ecc. Come se il suo aspetto non le appartenesse più.

«Thank God they haven’t come up with a life-size Leia sex doll. Because that would be truly humiliating. Thank God that they haven’t made an $800 sex doll that you can put in your cornfield to chase away crows. Oh, wait, they have! Okay, I admit, I knew about this, and I have to say it does turn out to be kind of a useful thing. Because if ever anyone tells me to go fuck myself, I can actually get the doll and give it a whirl».

«Grazie a Dio non hanno fatto una bambola gonfiabile di Leia a grandezza naturale. Perché sarebbe davvero umiliante. Grazie a Dio non hanno fatto una bambola gonfiabile da 800 dollari che puoi mettere in un campo di grano per spaventare gli uccelli. Oh aspetta, lo hanno fatto! Okay, ammetto che lo sapevo e devo dire che si rivela piuttosto utile. Perché se qualcuno mi dice di andare a farmi fottere si può prendere la bambola e fare una prova».

Carrie Fisher

Carrie Fisher e Gary

Dopo la morte di Carrie Fisher, ho visto con piacere che molti hanno scritto e parlato di quanto potenziale avesse il lavoro di questa donna.
Il suo essere chiara e sincera sui problemi del passato ha contribuito a togliere il velo del tabù alle patologie mentali e alla tossicodipendenza.
Condividere la propria esperienza fa sì che altri possano riconoscersi e imparare, scoprire che c’è una via di uscita e che a volte i messaggi più importanti si trasmettono facendosi una risata.
«It’s sort of like: I have problems but problems don’t have me».

 

 

 

 

Informazioni sull'autore

Silvia Rossetti

Italianista e multitasker. Scrittrice quando c'è tempo, teatrante per divertimento. Forza Tassorosso.