Letteratura Teatro

Da Aristofane a Scampia: il viaggio di Marco Martinelli

Aristofane a Scampia di Marco Martinelli

«All’inizio non avevamo un metodo. Abbiamo cominciato così, “a mani nude”», così Marco Martinelli racconta gli inizi della sua non-scuola.
Mercoledì 11 gennaio si è tenuta a Palazzo Rasponi la presentazione del libro Aristofane a Scampia (Ponte alle Grazie), ultimo lavoro del vulcanico Marco Martinelli che ha voluto narrare la storia del Teatro delle Albe e del progetto non-scuola. Il primo incontro 2017 della rassegna Il tempo ritrovato si apre con un evento importante che parla del teatro a Ravenna e oltre i confini della Romagna.
Non si deve pensare a un’opera autoreferenziale. No, Aristofane a Scampia fugge veloce sotto lo sguardo del lettore come se fosse un romanzo e, proprio come in un romanzo, si inizia con una storia d’amore. Quella tra l’autore e la sua compagna di vita Ermanna Montanari. Dal loro comune impegno nasce il Teatro delle Albe: «Non potevo raccontare venticinque anni di non-scuola se non parlavo prima del Teatro delle Albe».

Come nasce il libro.

«Non avevo idea di farlo», confessa Martinelli. Era il 2015 e si stava rappresentando a Milano Eresia della felicità, quando il regista viene contattato da una editor di Ponte alle Grazie. «Mi ha detto: “hai mai pensato di scrivere un libro sulla non-scuola”». Ed è stato un libro scritto di getto, rivela l’autore.

Il caso non agisce mai a caso.

Marco Martinelli

Marco Martinelli durante la presentazione del libro.

Il Teatro delle Albe viene fondato nel 1983. Un progetto nato dall’essere studenti (grazie all’influsso positivo di due insegnanti) e da un amore. Insegnare il teatro non è una scelta immediata, perché, come si legge nel libro, a loro il teatro piace farlo. I laboratori teatrali non sfiorano la loro mente. Si è trattato di un caso, la richiesta della professoressa Gabriella Figini, alla quale non sanno dir di no.

E così Marco Martinelli, insieme a Maurizio Lupinelli, torna a scuola. Prima tappa: l’Itis Nullo Baldini. Non c’era un metodo e il testo che propongono ai ragazzi dell’istituto tecnico è I satiri alla caccia di Sofocle. L’impatto non è felice. Gli studenti rimangono esterrefatti di fronte a un testo così antico e incomprensibile.
«In quel momento ho capito che avevo sbagliato tutto» e da lì scatta la molla. «Ho detto: “Ragazzi chiudiamo il libro!”». Inizia a spiegare chi erano i satiri, ovvero esseri semiumani a cui piaceva bere, far festa e correre dietro alle donne. «Ma allora siamo noi i satiri!» esclamano gli studenti. Spiega Martinelli: «I ragazzi amano Dioniso, il dio del teatro, senza saperlo».
Da allora la non-scuola ha continuato a crescere, collezionando grandi successi.

Come si fa la non-scuola?

«Non si va a insegnare. Il teatro non si insegna, e meno che mai nella non-scuola» (Aristofane a Scampia, p. 70). Il segreto è ascoltare i ragazzi, poi improvvisare e farli divertire. Attraverso l’improvvisazione i ragazzi scoprono di poter esprimere i propri desideri e le proprie emozioni. Imparano così che il teatro è «una zona franca di libertà».

Aristofane si è fermato a Scampia.

Nel 2005 arriva una nuova sfida. Tutto nasce dalla provocazione di Goffredo Fofi: «Facile far la non-scuola a Ravenna. Provate a farlo a Scampia». E la sfida viene puntualmente raccolta. Subito si presenta un problema: a Napoli, terra di miti come De Filippo e Totò, fare un laboratorio teatrale non basta. Bisogna spaccare fin dall’inizio. E perciò servono emozioni forti. La gradualità con cui si sono costruiti gli spettacoli in Romagna va dimenticata e si deve proporre un evento dirompente. Qualcosa come: far recitare assieme le ragazze bene del liceo di Piazza del Gesù e gli adolescenti di Scampia.

Il testo scelto per questo difficile progetto è La Pace di Aristofane. Qui il regista si trova di fronte a due realtà parallele. Al liceo le studentesse sono preparatissime, non c’è bisogno di spiegare loro chi è Aristofane. Sanno anche leggere il testo in greco antico.

A Scampia, invece, «l’impatto è stato veramente potente». Durante i primi incontri non si fanno passi in avanti. Non è un laboratorio, è un caos. Tentano di attirare l’attenzione sfruttando i cori degli ultras: e dopo un po’ di rissa e confusione, riescono a conquistarli.
Infine la difficoltà di far lavorare tutti assieme: tre gruppi di Scampia e il liceo di Piazza del Gesù. Il segreto è «non fermarsi mai, macinare ogni giorno», lavorare insomma. Nella primavera del 2006 arriva il debutto. Nello stesso periodo stava per andare in stampa Gomorra di Roberto Saviano.

Come sia andata a finire, è un privilegio che va riservato ai soli lettori. Anche se in effetti, la non-scuola, il teatro della città non è finito. E continua proprio ora con nuove iniziative, come la Chiamata pubblica per Inferno: l’invito rivolto da Ravenna Teatro a tutta la cittadinanza a partecipare alla realizzazione della prima cantica di Dante. Un nuovo esperimento di cui, sicuramente, si sentirà parlare.

Informazioni sull'autore

Matteo Pezzani

Scrittore, storico, blogger, giornalista, buffone di corte ecc..