Arte

La solitudine a colori di Nidaa Badwan a Ravenna

Nidaa Badwan

Nidaa Badwan: un nome che mi è dispiaciuto non conoscere già. Una fotografa palestinese che ha molto da dire e far sentire: lo ha dimostrato all’inaugurazione della sua mostra al Caffé Letterario di Ravenna, lo scorso venerdì 20 gennaio. L’iniziativa, condotta dalla giornalista Elena Nencini, fa parte della rassegna Quattro Chiacchiere al Caffè curata dal settimanale SettesereQui. L’esposizione sarà presente fino a venerdì 3 febbraio.

Nidaa Badwan

Code: #20 (da 100 giorni di solitudine)

Nidaa ha 29 anni e per l’occasione le fa da interprete il marito, Francesco Mazzarini. I due si sono conosciuti grazie ad un progetto editoriale per cui lavora quest’ultimo, Arte di Essere. Quando le viene chiesto se tornerebbe a casa, nella Striscia di Gaza, risponde che potrebbe pensarci se diventasse diversa e sicura, ma che ormai la sua vita e la sua famiglia sono qui.

La mostra conta 10 delle 25 foto che costituiscono il progetto 100 giorni di solitudine, titolo scelto in omaggio al romanzo di Marquez Cent’anni di solitudine. La storia di queste fotografie e del successo di Nidaa comincia proprio sulla Striscia di Gaza. Mentre si trova per strada, a lavorare con altri ragazzi su un progetto artistico, viene avvicinata dai militari di Hamas. Questi ultimi le recriminano il fatto di trovarsi con degli uomini e di non portare il velo, bensì un berretto colorato. Non capiscono quando Nidaa cerca di spiegare loro che è un’artista.

Nidaa Badwan

Da sx: Francesco Mazzarini, Nidaa Badwan, Elena Nencini. Foto di Roberto Turturro.

Viene incarcerata, picchiata «e anche peggio», racconta Francesco. Al padre che cerca di aiutarla vengono riservati ulteriori maltrattamenti. Infine, le viene fatto firmare un documento che le proibisce di uscire di casa senza velo.

E’ qui che comincia l’autocarcerazione, a partire dal novembre 2013. Nidaa decide di mettere in atto una «protesta artistica pacifica», chiudendosi in camera nella sua stanza a Gaza per 20 mesi. Non solo, quindi, cento giorni di solitudine. Le 25 foto del progetto sono proprio autoritratti scattati durante l’isolamento in questa stanza di 3×3 metri. Essi diventano, come spiega Elena Nencini, «rappresentazione forte ed emozionante di questo interno».

Nidaa acquista la sua Canon 600D da sola, mettendo gradualmente da parte i soldi necessari. Nessuno le insegna a fotografare: impara seguendo i tutorial che trova su Youtube.
Nel realizzare i suoi scatti crea un allestimento, come se l’ambiente che ha a disposizione fosse un teatro. Usa il colore in modo efficiente ed affascinante, in quanto evidentemente parte importante della sua poetica d’artista. Spiega infatti che solo il colore riesce a mantenerla tranquilla, e che «per fare il mondo abbiamo bisogno di tutti i colori».

Nidaa Badwan

Code: #1 (da 100 giorni di solitudine)

Il successo inizia quando il New York Times scopre la protesta e le dedica un articolo in prima pagina. I suoi 100 giorni di solitudine vengono quindi esposti a Gerusalemme, poi in Italia, a San Marino, negli Stati Uniti, negli Emirati Arabi, in Germania, in Danimarca.
Se le si chiede cos’ha provato quando ha terminato il suo isolamento, risponde che le sembra di dormire ancora e che prima o poi si risveglierà nella sua stanza.

Attualmente, Nidaa sta sviluppando e promuovendo un nuovo progetto, Autismo. Esso è composto da 25 dipinti ispirati a 25 disegni a matita del suo fratello minore, Abood. Abood ha 20 anni, è autistico e la carta è uno dei pochi mezzi espressivi che possiede. I disegni, oggetto del progetto ed esposti insieme ai dipinti di Nidaa, sono collegati a proprio modo all’isolamento dell’artista. Abood infatti, durante quei 20 mesi, era solito infilarne uno sotto la porta della sorella quando la sentiva piangere.

Potete seguire i progetti, le idee e l’arte di Nidaa Badwan sul suo sito web: www.nidaabadwan.com

Informazioni sull'autore

Silvia Rossetti

Italianista e multitasker. Scrittrice quando c'è tempo, teatrante per divertimento. Forza Tassorosso.