Arte

Il mio Natale in Nepal: la mostra fotografica Scatti di umanità di Alice Bandini

La mostra fotografica “Scatti di Umanità” di Alice Bandini è il racconto di un’esperienza unica. È una raccolta di immagini di vita provenienti dal Nepal, terra lontana e sconosciuta. È l’occasione di capire veramente come si vive in un paese del terzo mondo. È l’opportunità di fare del bene.

Il prossimo 2 aprile, per tutto il giorno, l’Ecomuseo delle Erbe Palustri di Villanova di Bagnacavallo ospiterà la mostra fotografica di Alice Bandini, una giovane maestra di scuola materna di Bagnacavallo che ha deciso di trascorrere il Natale in un orfanotrofio del Nepal.

Abbiamo incontrato Alice, che con naturalezza e semplicità ci ha portato con sé nel suo viaggio.

Partire senza troppi pensieri

“Del Nepal mi è sempre piaciuta la cultura: le persone sembrano sempre felici, nonostante le situazioni difficili che vivono. Era da tempo che volevo andarci e quest’anno sono finalmente riuscita a partire durante le vacanze di Natale. Sono stata lì dal 19 dicembre al 4 gennaio, dopo aver fatto qualche mese di ricerca. Ho deciso di non affidarmi a una associazione, sono troppo care. Così mi sono messa a cercare su internet, fino a quando ho trovato il sito dell’orfanotrofio in cui poi ho fatto volontariato. Ho contattato via mail Krishna, il direttore della struttura, e ci siamo scritti per un po’ di tempo, quasi un mese. Mi sono fidata e ho deciso di partire. Se è una truffa e l’orfanotrofio non dovesse esistere veramente – mi sono detta – mi arrangerò.”

Una realtà totalmente diversa dalla nostra

“Quando sono arrivata a Katmandu, un ragazzo è venuto a prendermi e il giorno dopo siamo partiti per la città di Pokhara, la seconda città del Nepal per abitanti che dista 200 km dalla capitale. 200 km di strade sterrate. Ci sono volute 8 ore per arrivare fino a Pokhara. C’è una sola corriera al giorno. Una volta giunti in Nepal, bisogna dimenticare ciò a cui si è abituati. Molti turisti che vedevo intorno a me si lamentavano della mancanza di igiene. Ma se si sceglie di andare in Nepal bisogna essere consapevoli. La mia paura era quella delle malattie, ma prima di partire ho fatto tutti i vaccini necessari e sono stata molto attenta.”

58 orfanotrofi, 1400 bambini e un governo assente

“A Pokhara ci sono 200 mila abitanti. La città conta 58 orfanotrofi per un totale di circa 1400 bambini orfani, senza contare quelli che vivono per strada. Il governo controlla e non controlla gli orfanotrofi, non ci sono fondi. E non tutte le strutture sono serie. In molti approfittano delle donazioni delle associazioni e poi maltrattano i bambini.”

Thelovenepal: l’orfanotrofio di Krishna

Nell’orfanotrofio gestito da Krishna vivono 12 bambini in tutto. Il più grande ha 16 anni, mentre la più piccola ne ha 5. Krishna è molto amato dai bambini, lo chiamano Babbo. Lui però è spesso fuori casa, alla ricerca di fondi per pagare l’affitto e le bollette. C’è una sola donna che si occupa della preparazione dei pasti e della cura della casa. I bambini, così, sono spesso soli, se non ci sono i volontari non c’è nessuno con loro.”

Come passare una giornata in un orfanotrofio in Nepal

“La mia giornata tipo cominciava nell’albergo che era stato prenotato per me da Krishna al costo di 350 euro totali. La legge nepalese vieta che degli estranei, anche se volontari, dormano negli orfanotrofi. A fare del volontariato insieme a me c’era una ragazza australiana, che era già abbastanza inserita nel gruppo dei bambini, anche grazie al fatto che l’inglese è la sua lingua madre.

Al mattino, sulle 11, accompagnavamo i bambini a scuola, per tutti loro era periodo di esami. Ogni giorno, per un’ora, affrontavano una materia. I loro libri di testo sono tutti in inglese e loro ci tengono molto a dimostrare di conoscere bene la lingua. Lo capiscono molto meglio di noi italiani.

Il pomeriggio, finiti gli esami, era dedicato al gioco. Alle 17.30 li salutavamo, loro infatti cenano alle 18.00. A quell’ora io e la ragazza australiana ci incamminavamo verso l’albero, per circa 40 minuti di strada.”

Essere bambini in Nepal

“I bambini erano sereni, contenti. Si comportavano come se mi conoscessero da sempre anche se sono abituati al via vai di volontari. Condividono tutto, persino con i bambini esterni all’orfanotrofio. Sono felici con poco, persino se si regala loro dei mandarini. Non sono tutti orfani. Alcuni sono stati abbandonati, altri sono scappati per colpa di abusi. L’ultimo arrivato, Alup 6 anni, è stato trovato da solo per strada. In orfanotrofio attirava spesso l’attenzione facendo dei dispetti e poi veniva in braccio.

Tra loro si considerano fratelli e sorelle. Un episodio tra tutti mi ha colpita: Lila, 5 anni, aveva bisogno di scarpe nuove. Non riuscivano a comunicare con lei, così una bambina più grande è venuta nel piccolo negozio in cui eravamo dirette facendoci da traduttrice. Lila desiderava un paio di scarpe con i lacci, ma non era capace di allacciarle. La bimba più grande ci ha sorprese con questa frase: ‘Mi prendo io cura di lei. Gliele allaccio io ogni mattina. Ci penso io’. Per lei, Lila è una sorella.”

Come spendere i 2000 euro raccolti con il crowdfunding

“Prima di partire avevo organizzato un crowdfunding per raccogliere donazioni da destinare all’orfanotrofio di Krishna. In tanti hanno partecipato. Si sono fidati di me, versando addirittura le donazioni direttamente sul mio conto personale mentre ero già là.

Io e Krishna siamo andati a spendere insieme parte dei 2000 euro raccolti. Abbiamo fatto scorte di frutta e verdura. In cartoleria abbiamo comprato quaderni e biro per tutti. Nel taxi non ci stava più roba. A distanza di 3 mesi Krishna mi manda ancora le foto delle cose che riesce a comprare grazie alle donazioni ricevute: ha ridipinto le pareti, comprato nuove uniformi per la scuola, lettini nuovi, quaderni da colorare e le altalene per il giardino.”

Come nascono gli scatti di umanità

“Ho usato il cellulare, la macchina fotografica e la gopro per le mie fotografie, scattate sia nell’orfanotrofio che nel tragitto albergo-orfanotrofio. Lì ho avuto l’occasione di immortalare la vita quotidiana di Pokhara. Mi ha colpito molto una famiglia di senzatetto che chiedeva l’elemosina C’erano 5 bambini, uno piccolissimo per terra che contava i soldi insieme alla sorella. Ho cercato di fotografarli senza farmi vedere, non volevo ferirli. Mi sono sorpresa poi nell’accorgermi che loro erano felici di farsi fotografare, si sono persino messi in posa.”

Perché andare a vedere la mostra fotografica di Alice

“Sensibilizzare, è questo il mio obiettivo. Le persone sanno già quante difficoltà devono affrontare i bambini che vivono in una paese povero come il Nepal, ma questa mostra, con la mia testimonianza diretta, permetterà di prendere più coscienza. Col nostro poco si può fare tanto per questi orfani. All’interno della mostra ci sarà una cassetta per le offerte, c’è ancora tanto che tutti noi, insieme, possiamo fare.”

Informazioni sull'autore

Adriana Giombarresi

Lettrice vorace di libri (soprattutto di quelli di Camilleri), amo disegnare, sia con matite e colori, sia con il prezioso aiuto di Illustrator e famiglia.