Musica

Band in progress: intervista a Hernandez & Sampedro

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Appoggiano le chitarre, staccano i microfoni e sono pronti a farsi intervistare: sono Hernandez & Sampedro. Ma non considerateli un duo, loro sono una band. Una delle più coriacee di Ravenna e dintorni. Dopo essersi conosciuti negli Stoned Machine (storica formazione stoner ravennate) hanno deciso di “mettersi in proprio. Ora sono passati molti anni e hanno inciso due dischi di ottimo livello. Ma le sfide per loro non sono finite.

Com’è nato il vostro progetto?

Sampedro: Noi suoniamo assieme dal 2004, prima facevamo parte di una band, gli Stoned Machine, dove io ero il chitarrista e Hernandez il cantante. Dopo diversi anni di percorso con questo gruppo, dove suonavamo stoner rock e avevamo fatto un disco, ci è venuta voglia di far nascere un progetto parallelo dove inizialmente suonavamo solo le cover dei gruppi che ci piacevano. Una sorta di progettino modesto per andare fuori a suonare quando eravamo fermi con la band. In realtà, piano piano, il gruppo si è esaurito e abbiamo iniziato a dare più importanza a questo progetto…
Hernandez: Per scrivere canzoni.
S: Certo, trasformandolo da un duo di cover a uno di musica originale. Poi gli Stoned Machine si sono sciolti definitivamente per cui tutte le nostre energie sono state concentrate nel duo per farlo crescere e farlo diventare una band e soprattutto per incidere un primo disco (Happy Island), che poi ha avuto un seguito (Dichotomy).

Che cosa vi ispira in particolare per i vostri pezzi?

H: Di solito i testi li scrivo più io e Sampedro più la musica o assieme. Spesso partiamo da una melodia iniziale. Io mi do sempre un concetto del disco che dopo discuto con lui, se ci piace ce lo rivediamo assieme e dopo si tratta l’argomento in varie forme. Per esempio: Happy Island, isola felice, esprime i propri valori, i sogni… e ogni canzone è un valore di quell’isola felice. Come se fosse un album di fotografie attraverso cui raccontare l’anno, ciò che è successo, tutti i fatti che rientrano in un ambiente comune, in un minimo comun denominatore.
S: Alla base di tutto ci sono sempre le esperienze personali…
H: O di qualcun’altro, ma vissute come se le avessi provate in prima persona.
S: A volte sono storie raccontate e rielaborate. Invece per quanto riguarda la musica, prendiamo molta ispirazione dalla musica americana. Musica americana a 360 gradi, perché noi due abbiamo un’età diversa, con delle influenze diverse che però convergono e s’intrecciano molto, per cui c’è il classic rock americano, il grunge, il punk rock…

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Hernandez & Sampedro durante un live

In questi anni avete fatto tante date, avete anche aperto i concerti di molti artisti di livello internazionale. Quale traguardo volete superare ora?

H: Vogliamo aprire Neil Young e Eddie Vedder.
S: È difficile parlare di traguardi oggi. Quando ti diverti a fare quello che fai, sei già il re del mondo, quindi il nostro traguardo è continuare a divertirci nel modo che facciamo. Non perdere mai gli stimoli, avere sempre voglia di sbattersi per quello in cui crediamo e portarlo avanti come è adesso per l’eternità. Quello è già un traguardo.
H: Un traguardo, parlando di quello che possiamo fare, è un terzo disco e magari esibirci in palchi importanti, non per screditare quello che abbiamo, ma per non rimanere sempre ristretti nel nostro territorio. Insomma, uscire un po’ dai confini. E poi aumentare le date con tutta la band, non tanto per essere più rock, perché si può essere rock anche in duo, ma per rendere giustizia agli arrangiamenti che facciamo su disco. I dischi li registriamo come band e quindi è giusto che vengano suonati live come l’utente li va a comprare. E avere un palco da band è più difficile. Perché ci sono tanti live in acustico? Perché utilizzi due chitarre, non c’è la batteria e devi amplificare meno della metà delle cose. Poi ci sono le lamentele del vicinato e ne soffrono anche locali di una certa importanza. Riuscire a essere oltre questi problemi sarebbe un traguardo enorme.

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In concerto con la band

Happy Island, Dichotomy… c’è già un terzo disco in progetto?

H: Avevamo iniziato a lavorarci, ma poi ci siamo fermati per l’estate, perché per scrivere nuovi pezzi si devono vivere esperienze nuove.
S: Anche per gli altri dischi c’è stato un momento in cui scrivere, lavorare e creare una dimensione giusta. D’estate si suona di più e quindi è più difficile ottenere quella situazione. Però avevamo già iniziato a buttare giù qualche idea. Sicuramente pensando a un ipotetico disco nuovo vedrei una cosa più sanguigna, più grezza, con maggior presenza della band, anche per sfatare un po’ l’idea del duo.
H: Il duo ci è stato a genio per quando dovevamo fare tante date, però ci ha forse compromesso il nome da band. Abbiamo notato più riscontri positivi nei concerti con il gruppo al completo che con il duo acustico. Nonostante  l’acustico ci abbia fatto crescere e arrivare a proporre una band. Ci siamo conosciuti che eravamo in una band e in una band dobbiamo tornare. Avevamo forse bisogno di un momento di pausa dai volumi alti, dal rock pesante.
S: Dopo dieci anni di Stoned Machine, trovarci tranquilli a suonare con due chitarre acustiche era un bel momento di musica più intima, proposta in maniera diversa da come eravamo abituati. Però è anche vero che tutti e due siamo di estrazione rock e abbiamo una voglia di suonare con basso, batteria e chitarre elettriche che prima o poi ritorna.
H: Allora non avevo praticamente mai suonato la chitarra in un concerto, perciò suonare un’acustica d’accompagnamento era già un’ambizione enorme. Adesso mi sento più sicuro e anch’io voglio sfruttare quello, come è giusto che Sampedro sfrutti più la sua parte solistica con la chitarra elettrica.

E anche la sua voce…

H: È giusto che ognuno appaghi le proprie esigenze. Le esigenze sono importanti: anche la forza dei grandi gruppi, quelli che sono uniti da anni…
S: O sono tenuti assieme da enormi interessi economici, oppure riescono ancora a divertirsi, a provare passione per quello che fanno.
H: E l’ego di ognuno è soddisfatto da quello che si fa, perché ogni musicista ha un ego, che lo voglia o no.
S: Io ne ho due (ride).
H: Infatti: uno è in saldo (ride anche lui). E quindi quando quell’ego è soddisfatto non c’è la necessità di cambiare e si sta uniti.

Informazioni sull'autore

Matteo Pezzani

Scrittore, storico, blogger, giornalista, buffone di corte ecc..