Musica

Elia, il cantautore che va “A bobine”

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È giovane, con le idee chiare e la musica nel cuore, lui è Elia, un cantautore romagnolo che si ispira ai grandi della musica italiana e che vuole trasformare il suo sogno in realtà.
Elia è il nome d’arte di Elia Agostini, nato ad Alfonsine, classe 1996, che in questi anni ha già fatto sentire la propria voce e le proprie composizioni su importanti palchi, come quello del Mei nel 2017. Dopo le prime esperienze nel genere punk (Punkakes e Mama’s boy) ha iniziato un percorso da solista che lo ha portato nel 2017 alla pubblicazione dell’album Meglio così. A inizio 2018 è uscito il suo nuovo brano, A bobine.

Quali sono le tue radici musicali?

Ho iniziato da piccolo, quindi le mie radici derivano dai miei genitori. E con loro ho vissuto una specie di dicotomia: mia mamma è una rockettara, ma anche molto appassionata di cantautori italiani, e mio padre è un grande rocker. Perciò in me hanno coesistito fin dal principio due emisferi, quello rock e quello dei cantautori italiani.

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Elia Agostini, in arte Elia

Come è avvenuto il passaggio dal punk al tuo progetto da solista?

Con i Punkakes, che sono stati il mio primo gruppo e il primo amore, abbiamo raggiunto i livelli più alti a cui potevamo aspirare. Abbiamo aperto i Punkreas e suonato in alcuni dei più importanti locali della Romagna. A quel punto, però, serviva un cambio di mentalità per un salto di qualità. Ho sentito l’esigenza di cantare in italiano. Dopo cinque anni a cantare in inglese, mi ero anche un po’ stancato. Nel 2008 ho “scoperto” Vasco Brondi e mi sono avvicinato al mondo Indie pop contemporaneo. Ho sentito la necessità di cambiare metodo per esprimermi. E ho pensato: gente come De Gregori, Battiato, De André sono più rockstar delle rockstar. I cantautori italiani sono amati in tutto il mondo. La cosa che mi sembra più strana, però, è che quasi nessuno vuole più cantare in italiano.

Parlaci della tua nuova canzone, A bobine.

A bobine è un brano che arriva dopo la mia presenza al Mei del 2017. Alcuni lo hanno definito un Elia 2.0 (che poi sarebbe 3.0 secondo me). Da quando ho iniziato ho sempre mantenuto una componente pop che ha prevalso su quella indie. Con A bobine è venuto più fuori l’indie, mi ha dato la possibilità di spaziare. Abbiamo lavorato molto anche sul suono vintage del brano [con Elia hanno, suonato anche Andrea Valentinotti e Andrea Nati, mentre Federico Randi ha collaborato per arrangiamento, master e mix]. Alla base del pezzo c’è una voglia di tornare indietro e di proiettare tutto nel moderno, con suoni analogici e registrando le tracce dagli ampli. Nella musica ci sono diversi spunti che vengono da oltre oceano. Il risultato è un brano appartenente alla cultura indie. Un lavoro molto più personale rispetto alle mie composizioni precedenti. Ci abbiamo lavorato su un paio di mesi e poi un paio di settimane per il videoclip.

Autoprodursi è per te una scelta obbligata o una vocazione?

Un misto delle due. Per ora obbligata perché non c’è un’etichetta che mi finanzia, però è anche una scelta di libertà, perché in un’etichetta si deve rendere conto delle proprie scelte a tanta gente. Autoprodursi è un’esperienza molto bella, ti dà la dimensione delle cose. Quando fai un brano ti trovi da solo, o comunque in pochi, e quando fai il 60-80% del lavoro da solo devi sviluppare orecchio musicale e acquisire tante altre competenze. Che parte sta meglio per un certo tipo di pubblico? Quale riverbero scegliere? Quale strumento utilizzare? I brani dei cantautori non hanno genere, perché devono fare tutto da soli. E con l’autoproduzione entri anche nel mondo del low budget, che ti permette di crescere se sai come sfruttarlo. Come con il mio videoclip, dove ho sfruttato ogni fotogramma. Per fortuna ci sono persone che insieme a me investono tempo nel mio progetto, come Federico Randi. Autoprodursi ti insegna tanto. La prima esigenza è crearti un gruppo, una famiglia, un team. L’autoproduzione è dove vedi veramente la musica. Spero di rimanere indipendente per tutta la vita e riuscire a trasformare la passione in lavoro.

Cosa ne pensi del panorama musicale locale? Si trovano date per i concerti?

Il panorama nostrano riflette quello nazionale. il problema è che c’è molta offerta e questa spesso sovrasta la domanda. La questione è: perché le persone dovrebbero ascoltare me piuttosto che un altro? Iniziare e trovare spazio è difficile, ma non è così impossibile. Prima che tu possa aspirare a qualcosa, però, devi dare tantissimo. È così nella musica e nella vita. Io ho suonato al Mei, sarò ospite della trasmissione Tamburo Battente e poi suonerò in altri posti. È chiaro che è difficile arrivarci, ma devi anche lottare per raggiungere quell’obiettivo. Io vedo in molti emergenti e band locali poca voglia di mettersi in gioco.

E ora parlaci dei tuoi progetti futuri.

Nei prossimi mesi pubblicherò dei nuovi brani che poi riunirò in un lp di quattro o cinque tracce. L’album a questi livelli è molto dispersivo. Poi voglio suonare in giro il più possibile. Con calma, mi piacerebbe trovare un’etichetta o qualcuno che abbia voglia di investire in me. Attraverso i social network voglio cercare di creare una community. Infine, voglio fare tante lezioni di strumento, comporre tanti brani e migliorare sempre più la mia proposta musicale.

Informazioni sull'autore

Matteo Pezzani

Scrittore, storico, blogger, giornalista, buffone di corte ecc..